sono gli inutili
occhi del cieco.
Il sole dialoga
con i muri mattutini
della mia casa.
Conservo
conchiglie
di ricordi
del tuo corpo.
Sono il prato
dei tuoi sorrisi
sparso di fiordalisi.
Occhi d’acqua
pulcini
del cuore.
Aspettare
che il sole
sfinisca
la candela.
Poi la notte
che racconta
la tua fiaba blu.
Uscire
dalla stanza
e ritrovarti
nell’altra:
travaso continuo
dei rumori
del mio cuore
aerostato
gonfio
del tuo calore.
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Ho vagato tra boschi di foglie laboriose
trapassate di sole, intinte nell’ombra
ma non c’eri, tu, nuda, come il prato.
Foglie secche ladre dei colori del tabacco
per un sommesso canto d’autunno
intonavano la litania dei tuoi capelli.
Dall’intrico dei rami, medioevali vetrate
travasavano frammenti di cielo nel sottobosco
come tu riversi amore dagli occhi nei miei.
Sparito il vento e smarrito il pensiero
nei silenzi resinosi infangavamo la pelle
odorosi di terra, protetti dall’imbrunire.
Ti prendo cosa mia in quel bosco stellato
nostra casa dalle lenzuola di prato
e saliamo lievissimi dal muschio al cielo.
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